Fino a poco tempo fa, la struttura che meglio rappresentava l’agonia, l’annientamento della nostra storia, lo sgretolamento del filo della nostra memoria era il Complesso di San Francesco. Attiguo alla collina di Monte Tre Croci rappresentava il nuovo Golgota dove per molto tempo si è sacrificata e dimenticata la cultura del passato.
Un recente restauro, anche con l’intervento di privati, pare voglia porre rimedio a questo lungo abbandono con il lento recupero di tutto il complesso conventuale.
Nel 1952, anche i frati, stanchi delle precarie condizioni statiche in cui versava il complesso che li ospitava, lo abbandonarono e la struttura fu lasciata in modo definitivo ai Padri Filippini. Da allora, la sola chiesa fu utilizzata sempre più di rado; poi, l’intero complesso fu progressivamente chiuso, abbandonato, transennato per pericoli di crolli, che puntualmente si sono verificati. La sua lenta agonia è durata per molti anni nell’indifferenza generale fino al restauro di cui si parlava.
La sua storia ebbe inizio nel 1612, quando una rappresentanza di cittadini guardiesi si recò a Napoli per richiedere al Padre superiore dei Francescani riformati di inviare a Guardia una loro rappresentanza, poiché era intenzione della comunità guardiese di edificare un convento con annesso oratorio.
‘La fabbrica fu fatta a spesa di tutta la terra li cui abitanti sono devotissimi de li nostri Frati riformati…’ così si legge nelle ‘Cronache francescane’. Gli abitanti si tassarono per costruire il convento, aiutando e favorendo l’insediamento nella comunità guardiese dei Frati riformati che si originarono nel 1526 dal ramo dei Frati minori, i quali professavano la povertà, la penitenza, la preghiera e la meditazione, sulla scia e l’esempio di San Francesco.
Un paio di anni dopo la richiesta, arrivarono a Guardia alcuni frati e alloggiarono momentaneamente presso i Padri filippini, aspettando l’edificazione del loro convento.La fabbrica fu iniziata, con la posa della prima pietra, nel gennaio del 1616 e, al termine, consegnata ai frati. Era la domenica del 13 Maggio 1629.
La storia di questo territorio, come è noto, fu segnata e modificata da eventi naturali; gran parte dell’abitato di Guardia e i suoi edifici sacri subirono ingenti danni con il terremoto del 1688. Non fece eccezione il Convento, che crollò; ma la sua riedificazione, sempre nello stesso luogo e sempre a spese della popolazione guardiese, fu altrettanto tempestiva e coinvolgente. L’attaccamento dei guardiesi ai francescani travalicava gli aspetti puramente religiosi e si consolidò ulteriormente con il ricordo del comportamento che i frati ebbero verso la popolazione durante la peste del 1656, a causa della quale morirono quasi tutti per servire ed aiutare gli appestati.
Con la soppressione dei conventi e degli ordini religiosi durante la Repubblica Partenopea nel 1799, il convento di Guardia fu requisito ed adibito ai più disparati usi: carcere, caserma, pretura e, infine, scuola.
I frati ritornarono nel convento guardiese nel 1833 e vi rimasero fino agli inizi degli anni ’50, quando, come abbiamo visto, lo lasciarono definitivamente.
Già dall’impianto planimetrico possiamo capire l’articolata struttura del complesso di San Francesco. Il corpo della chiesa in stile barocco a navata unica è costituito da imponenti mura perimetrali che accolgono sei cappelle: tre a destra dedicate a S. Antonio, San Pasquale, e San Francesco, e tre a sinistra dedicate a Santa Chiara, al SS. Crocifisso e all’ Immacolata. Su un lato della chiesa è affiancato la struttura del convento, al piano terra il refettorio e una serie di spazi di servizio, mentre al primo piano sono ubicate le celle dei frati.
Il nucleo centrale del convento è indubbiamente disegnato e caratterizzato dal chiostro quadrato circondato da portici sorretti da colonne in pietra. In mezzo al chiostro è collocata una vecchia cisterna sormontata da una coppa in pietra con getti e zampilli. Il portico insieme al refettorio fu affrescato dal pittore di origine locale, Michele Foschini, nel XVIII secolo. Gli affreschi, di fattura modesta, sono ormai svaniti.
Dopo il terremoto del 1980, sia la chiesa che lo splendido portico sono stati totalmente transennati in ogni parte. Ponteggi, strutture in ferro, transenne sono gli unici rimedi usati, come ad attenuare il senso di impotenza e di smarrimento di fronte a una lenta e segnata agonia … rimedi usati per aiutare quella grande struttura a morire, a svanire e dissolversi lentamente… fino ad arrivare all’intervento di restauro e consolidamento di questi mesi.
In relazione ai riti settennali il Convento di San Francesco, come tutte le altre chiese di Guardia, era ben legato con essi, e lo è stato fino a quando è stato agibile ed aperto alla devozione dei fedeli, pur non essendo una “chiesa dei riti” in senso stretto, come le altre strutture rionali. La Chiesa del Convento era, comunque, inserita nel percorso processionale, precisamente in quello di penitenza: nel percorso di ritorno, ciascun Rione doveva sempre inserire una ‘stazione’, una fermata, al Convento di San Francesco per ascoltare il sermone dei Padri Passionisti, noti tra la gente per dare corpo e parole alla dimensione della penitenza.
Dopo il terremoto del 1980 la chiesa è stata chiusa ed esclusa dai percorsi processionali, perdendo quel ruolo, non secondario, svolto per tutto il tempo della sua piena efficienza. In questi anni la processione è salita da Via Monte Tre Croci per lanciare solo un distratto e pietoso sguardo a quel che restava della struttura morente.